16 Marzo 2018
CONTINUA A MODENA LA MOBILITAZIONE PER DIRE #STOPCIBOFALSO

Continua a Modena la mobilitazione per dire #stocibofalso, la grande mobilitazione avviata da Coldiretti con la raccolta firme per chiedere all’Unione Europea di rendere obbligatoria l’indicazione di origine degli alimenti, per salvare il nostro cibo e rendere trasparente il carrello della spesa.
L’appuntamento per sottoscrivere la petizione è per domani nella Bottega Italiana dei Garden Vivai Morselli a Medolla n via Statale, 127.
L’iniziativa si inserisce nella tre giorni di mobilitazione popolare, già in atto a livello nazionale, che in Emilia Romagna si svolgerà per tutto il fine settimana nei principali mercati di Campagna Amica e proseguirà in tutti i mercati, aziende e botteghe di Campagna Amica fino alla fine di aprile.
Nonostante i passi avanti – ricorda Coldiretti Modena – permangono ancora ampie zone d’ombra per cui ogni giorno rischiano di finire nel piatto alimenti di bassa qualità e origine incerta che mettono a rischio la salute, come dimostrano i ripetuti allarmi alimentari. Per la qualità e la fama dei suoi prodotti – afferma Coldiretti Modena – l’enogastronomia modenese è terra di saccheggio per i pirati del cibo con il Parmigiano Reggiano (in tutte le fantasiose varianti, dal Parmesan al Parmesao) e l’Aceto Balsamico Tradizionale in prima fila.
La contraffazione e la falsificazione dei prodotti alimentari tipici dell’Emilia Romagna costano alla nostra regione circa trentamila posti di lavoro. Secondo Coldiretti regionale, il fatturato del falso made in Emilia Romagna solo nell’agroalimentare ha superato gli 8 miliardi di euro (60 miliardi per l’agroalimentare nazionale) e la lotta al cibo “fake” nel piatto rappresenta ormai un’area di intervento prioritaria per recuperare risorse economiche utili al Paese e per generare occupazione.
Se nessun italiano si sognerebbe di comprare tali assurdi prodotti – commenta Coldiretti – non è così per i consumatori esteri che vengono attirati dall’immagine di italianità ad essi collegati, fornendo così alle aziende produttrici un vantaggio competitivo perché associano indebitamente ai propri prodotti l’immagine del made in Italy apprezzata dai consumatori stranieri, nonostante il prodotto che essi acquistano non abbia alcun legame con il sistema produttivo italiano, facendo concorrenza sleale nei confronti dei produttori nazionali impegnati a garantire standard elevati di qualità.
Potenzialmente le esportazioni agroalimentari regionali potrebbero più che raddoppiare perché nel 2016 – rileva Coldiretti sulla base dei dati del rapporto agroalimentare di Regione e Unioncamere – l’Emilia Romagna ha esportato 5.936 milioni di euro (+2,5% sul 2015) e il saldo commerciale passivo di 20 milioni di euro è il più basso degli ultimi vent’anni (era di 491 milioni di euro nel 1999). Parmigiano e carni lavorate (insaccati) che sono i più imitati – ricorda Coldiretti – sono anche quelli con i numeri più alti nell’export dopo l’ortofrutta: l’Emilia Romagna, infatti, nel 2013 ha esportato 642 milioni di carni preparate e 707 milioni di prodotti lattiero caseari in cui fanno la parte del leone i formaggi (Parmigiano, Provolone, Grana Padano). La contraffazione però non riguarda solo i prodotti imitati all’estero, ma anche quelli venduti sul suolo nazionale: due prosciutti su tre venduti oggi in Italia provengono da maiali allevati all’estero, senza che questo venga evidenziato chiaramente in etichetta, dove non è ancora obbligatorio indicare l’origine. Un problema che riguarda tutti i salumi, la frutta trasformata (confetture, conserve), insalata in busta, il pane, i funghi conservati che spesso arrivano dalla Cina, paese ai vertici mondiali per gli allarmi alimentari.

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