31 Agosto 2021
CIBUS, PANNELLI A TERRA CANCELLANO CIBO

“La terra non è un bene replicabile; occuparla con i pannelli fotovoltaici equivale a cancellare il cibo del nostro territorio dalle tavole degli Italiani”. Lo ha detto il presidente di Coldiretti Ettore Prandini in occasione della presentazione dell’iniziativa raccolta firme a sostegno della petizione contro il fotovoltaico a terra lanciata da Coldiretti Giovani Impresa a tutela del suolo agricolo che chiede alle istituzioni di investire nelle fonti alternative di energia senza dimenticare il ruolo fondamentale dell’agricoltura e la bellezza unica dei nostri territori e che il suolo va destinato alla produzione di cibo. Al convegno, che ha visto la presenza della delegata nazionale di Giovani Impresa, Veronica Barbati, hanno partecipato i giovani di Coldiretti Modena guidati dal delegato Fabio Lambertini. A fare gli onori di casa il Presidente regionale Nicola Bertinelli, con il Direttore Marco Allaria Olivieri. Assieme al direttore di Coldiretti Modena, Giovanni Duò e i presidenti e direttori dell’Emilia Romagna, hanno presenziato l’Assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi – tra i primi firmatari della petizione – Gianni Dalla Bernardina presidente nazionale di CAI (Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani) e Mario Canzani componente della Giunta nazionale dei Giovani Confapi (Confederazione Italiana della piccola e media industria privata) che hanno portato il sostegno all’iniziativa delle rispettive confederazioni.

Coldiretti Giovani Impresa ha lanciato la petizione a tutela del suolo agricolo chiedendo alle istituzioni di investire nelle fonti alternative di energia senza dimenticare il ruolo fondamentale dell’agricoltura e la bellezza unica dei nostri territori, che andrebbero compromessi senza una programmazione territoriale degli impianti fotovoltaici a terra.

Secondo una ricerca Coldiretti Giovani Impresa  in Italia possediamo oltre 108 milioni di mq di superficie destinata alle stalle e fienili e circa 160 milioni di mq destinati al deposito di attrezzi, cantine e laboratori di trasformazione, ecc. delle aziende produttive rurali per un totale di 268 milioni di mq di tetti che potrebbero essere utilizzati per l'installazione di impianti fotovoltaici.

Preoccupati per l’emergenza climatica, i giovani agricoltori intendono cogliere ogni opportunità offerta dalle tecnologie innovative, avendo come obiettivo la piena attuazione dell’accordo di Parigi sul clima e l’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Il consumo di suolo agricolo destinato al fotovoltaico a terra minaccia il futuro alle nuove generazioni di agricoltori.

“Come giovani agricoltori, sosteniamo e promuoviamo ogni giorno l’innovazione tecnologica sostenibile, ma destinando i suoli agricoli al fotovoltaico non ci saranno più terreni da coltivare ed accelereremo la perdita di biodiversità unica del nostro Paese” spiega la leader del giovani agricoltori di Coldiretti Veronica Barbati nel sottolineare che “il suolo vocato all’agricoltura appartiene agli agricoltori e la di multifunzionalità energetica va sviluppata come attività integrata alla coltivazione e all’allevamento, sino a un massimo del 5% della superficie dell’azienda, da realizzare direttamente dagli agricoltori e in aree marginali”.

I giovani agricoltori della Coldiretti propongono che le Regioni e gli enti locali identifichino nelle aree da bonificare, nei terreni abbandonati, nelle zone industriali obsolete e nei tetti delle strutture produttive anche agricole, il luogo idoneo all’installazione del fotovoltaico per la corretta produzione di energia da fonti rinnovabili. “L’Italia – evidenzia Veronica Barbati - possiede terreni non destinati all’agricoltura che potrebbero essere messi a valore con il fotovoltaico, ci domandiamo perché utilizzare terreni fertili che già producono valore economico, sociale ed ambientale togliendo traiettorie di futuro alle nuove generazioni di agricoltori”.

L’Italia vanta oltre 822mila impianti fotovoltaici, ma è fondamentale difendere la capacità produttiva alimentare nazionale in un Paese come l’Italia in cui la superficie agricola utilizzabile si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari negli ultimi 25 anni.

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